Ci fu un periodo a cavallo tra il 2012 – 2013, in cui ero molto appassionato di teatro; questo derivava oltre che dagli studi universitari anche dalla mia passione tout court per l’arte e tutto ciò che riguarda lo spettacolo in generale. Nello stesso frangente di tempo, mi ero interessato anche al movimento di ricostruzione e culturale, che aveva avuto origine in Giappone dopo la caduta delle due bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Trovavo un non so chè di magico e al contempo straziante nella Butoh Dance, questo ballo che prendeva origine dal teatro nipponico, ma che vi univa un corpo nudo e dipinto di bianco, delle facce grottesche, movimenti convulsi e frenetici, come potevano essere quelli dei sopravvisuti alla devastazione nucleare che pose fine alla seconda guerra mondiale. Tutto questo, mi ispirò per la realizzazione di uno spettacolo teatrale dal titolo: “Post Atomico – Un’opera Rock”.
Mi ci volle quasi un anno per comprendere come realizzarlo, come renderlo appetibile scenograficamente, scrivere le battute, i vari riferimenti ad artisti e nomi dello spettacolo mondiale… oltre a scrivere i brani per lo spettacolo stesso.
Inizialmente i brani erano addirittura 15, ma poi, tra l’inserimento di alcune “cover” riarrangiate per lo spettacolo, le parti recitate, i cambi di scenografia, … i brani originali si ridussero a 5. La prima dello spettacolo andò in scena nel teatro di Castebolognese (RA) e con mia grande sorpresa, anche se ovviamente non enorme, la platea fu riempita. La tensione era parecchia, e non volevo ammettere di averla, ma poi, una volta salito sul palco e lasciato spazio alla carica emotiva, filò tutto liscio e per 2 ore sul palco demmo vita ad uno spettacolo davvero unico.
Da quello spettacolo che proponemmo in giro per l’Emilia Romagna, decisi di realizzare un album. La fortuna volle che quella stessa primavera Claudio “Gallo” Golinelli, mi avesse introdotto nello studio di Vasco Rossi e avessi iniziato un rapporto lavorativo con Nicola Venieri, storico suo collaboratore, da li non potevamo non unire le 2 situazioni, ovvero realizzare un cd di inediti dentro lo studio di Vasco.
Spiegai a Nicola che i brani che avevo scritto erano parecchi e che li avevo ridotti durante lo spettacolo solo per esigenza di copione, lui prese la palla al balzo e mi propose di realizzare un EP, i 5 brani più belli, sarebbero finiti sul supporto fisico e sarebbero diventati l’album. Non ci pensai su molto, l’occasione era ghiottissima e non potevo lasciarmela scappare, così cominciammo a dar vita a “Post Atomico”.
Come detto poc’anzi, i brani erano già stati scritti, ora occorreva comprendere come realizzare il tutto visto che Nicola era anche impegnato lavorativamente con le produzioni di Vasco e optammo per registrare le batterie nella sala prove del mio drummer Jacopo Catapano, mentre il resto realizzarlo in studio. Le batterie filarono via in un solo pomeriggio, d’altronde Jacopo era preparatissimo, i brani erano 5 e Nicola… è Nicola, e sa benissimo come muoversi vista la grandissima esperienza maturata sul campo.
Per quanto riguardava le chitarre invece, Nicola mi propose qualcuno che conoscevo bene per le sue grandi qualità, ovvero il chitarrista di Luca Carboni: “Vincenzo Pastano”.
Con Vince mi trovai subito a mio agio, e nel frattempo che registravamo il disco, ricevette anche la notizia/proposta di entrare a tutti gli effetti nella “band live” di Rossi, pensate alla carica di energia che girava in quello studio. Come ben saprà chi si informa in ambito muscale, diventò poi, oltre a chitarrista anche produttore artistico di Vasco. Comuqnue, lo stile dei brani, ci ispirò a prendere direzioni particolari per la stesura delle linee delle chitarre, con suoni a volte dissonanti, sporchi, quasi fastidiosi, proprio per indirizzare il suono verso quello che era il testo; in fondo erano brani che parlavano di esplosione atomica, radiazioni, dolore, però solo metaforicamente, perchè sotto sotto si parlava di società, amore, amicizia, momenti di introspezione e speranza nel futuro.
Il concept di “Post Atomico” era infatti questo, parlare attraverso le canzoni di quei problei che affliggevano la società, ma al contempo farlo con più chiavi di lettura; volli inserire dentro ogni brano 3 possibili interpretazione:
– Quello più esterno e superficiale, che richiamava il concetto di “era atomica”, e quindi utilizzare determinate immagini per colpire immediatamente.
– La visione che avevo della società in quel periodo, che non differisce molto da quello che stiamo attraversando dopo qualche anno
– Una storia d’amore, che è ravvisabile in ogni brano.
Capirete sicuramente che non fu impresa facile scrivere in questo modo, ma io adoro le sfide, e credo che il risultato sia alquanto riuscito.
Rimaneva ora la parte grafica.
Avevo pensato di realizzare qualcosa di davvero unico e che richiamasse l’idea della tensione, dolore e al contempo rabbia che possono nascere e trovando terreno fertile, crescere in un mondo “post apocalittico”. Vedevo questa immagine in bianco e nero davanti a me, perchè il bianco e il nero sono i colori per eccellenza, i colori che stanno all’opposto, che al contempo possono dare un senso di serenità, richiamando nel nostro immaginario, gli albori del cinema e della televisione, tempi felici, … ma anche gravi, pesanti, perchè riportano ai cinegiornali del periodo bellico… l’immagine doveva contenere la distruzione della civiltà, palazzi del potere e mezzi di locomozione in rovina, l’esplosione atomica, e ovviamente una donna con una delle 2 braccia robotiche, per far comprendere quanto la tecnologia in realtà non porti alla soluzione dei nostri problemi…e poi una chitarra, perchè la musica è uno degli elementi di salvezza del mondo, destinataria e artefice delle nostre emozioni.
Con questa “visione” davanti ai miei occhi, contattai un mio caro e vecchio amico, che disegnava da paura! Paura nel senso che era incredibilmente bravo, Fabio Cacchi.
Gli proposi l’idea, e nel giro di una settimana, mi confezionò una vera e propria bomba, che con “post atomico” era totalmente a tema; un bellisimo “quadretto” con tecnica mista, che raffigurava tutto quello che avevo immaginato, solo che era molto meglio della mia idea. Una volta trasformato il quadro in progetto grafico, avevamo la copertina, nonchè il back del cd, perchè il quadro era un 16×30… insomma, quasi a misura per il cd!
Vi consiglio di acquistare il disco perchè aldilà che vi possano o meno piacere i brani, il progetto grafico merita davvero tantissimo.
IL BOOM
Il primo brano che decidemmo di inserire in questo “Concept-ep”, riguardava l’esplosione. L’esplosione intesa come esplosione di dati, di imput come detto precedentemente, che ci attanagliano costantemente nell’arco della nostra giornata e vite; è oramai persa la tranquillità che caratterizzava il percorso dei nostri avi, oggi siamo soggetti ad una vita frenetica ed in costante competizione, così come lo sono le persone anche con se stesse, schiave della società, di quel “boom” di status symbol, ed oggetti pressochè inutili.
Il concetto era nella mia mente da tempo, e decisi di esprimerlo sottolinenado che io stesso ne ero schiavo, volente o nolente, perchè la società per farci rimanere a cavallo dell’onda, ci vuole succubi di certe imposizioni, certi modi di vestire, essere, porsi, vivere.
Musicalmente era importante far comprendere questa “rincorsa” al nulla, e nella parte centrale decisi di inserire questo ritmo quasi tribale di batteria, che cresceva sempre più per poi esplodere nel ritornello. Quella fu l’idea da cui partii per dar vita al brano.
MACERIE
Dopo l’esplosione, ciò che rimane sono ovviamente le Macerie.
Per questo brano, immaginai nella mia mente la caduta della bomba, e il conseguente fungo atomico; la caduta rimandava i miei pensieri alla fine di una storia d’amore, a tutti gli sbagli fatti, e quindi all’oramai inevitabile disastro, e non era forse anche ravvisabile lo stesso pensiero per la nostra società? Non siamo arrivati ad un punto di non ritorno? Non stiamo tutti precipitando nel vuoto come quando un amore finisce? Quell’onda d’urto quando colpiamo il suolo ci fa piangere, ci lascia inermi e senza fiato, spogli.
Da qui però inizia la risalita, perchè una volta accantonati i ricordi, e quel dolore interno che arriva a graffiarci persino le ossa, siamo pronti a ripartire, questo succede quando riusciamo ad andare oltre un grande amore, ma anche quando la società deve e vuole ricotruire dalle proprie Macerie.
Anche in questo brano iniziai musicalmente dalla parte centrale, dove mi serviva un incedere dissonante, quasi fastidioso, qualcosa che rendesse fede al dolore e alla contemporanea voglia di “fare” che abbiamo, quando dobbiamo lasciarci alle spalle il passato… il resto come spesso accade, nacque di conseguenza.
POST ATOMICO
Veniamo ora alla Title Track.
Questo è sicuramente il brano più rock dell’ep, quello che lascia più il segno anche nei live.
- Post Atomico è una cartolina della società, in cui il Diavolo in persona da a tutti il benvenuto e spiega come la società stessa, la politica e la religione imposta, siano grandi mali da evitare; d’altronde il DIavolo ha sempre il tuo numero, così come chi “controlla” e sta ai piani alti della piramide sociale.
- Post Atomico è una coppia che per stare insieme cede alle rispettive lusinghe e non guarda all’errore di portare avanti qualcosa di finito da tempo
- Post Atomico è la scia di ditruzione psico-fisica che troviamo aldilà delle macerie.
I 3 concetti da cui partivo erano questi, e non poteva non nascere un brano cattivo e aggressivo, sia a livello di testo che a livello strumentale, un 4/4 potente con chitarre massiccie, Voce graffiata, cori demoniaci e un riff che ti entra diretto in testa.
Non c’è molto da dire, bisogna goderselo.
STRESS
Fu in realtà il primo brano che scrissi quando mi balenò l’idea di “Post Atomico”, infatti ne esiste anche una versione video precedente a quella cd, in cui la batteria ( in studio ) è affidata a “Daniele – la Roccia – Tedeschi”.
Stress è il brano rappresentativo dello stato mentale di buona parte della popolazione mondiale odierna, quel martello che ci sfonda il cranio, fatto di antidepressivi ricoperti di nutella, la pillola che va giù con un poco di zucchero come cantava Mary Poppins. Lo Stress è quello a cui veniamo portati da una persona che ci è affianco, ma che non comprende il nostro modo di essere, oppure siamo noi che impazziamo di fronte agli errori commessi quando finisce un amore, oppure è semplicemente male di vivere? La risposta ognuno deve cercarla dentro di se, sperando di trovare al più presto una soluzione per non impazzire, e così riuscire a fare un “cambio d’immagine in questo deserto di lacrime”.
La frase con cui ho concluso poc’anzi, è rappresentativa di questo brano, ed è come in molte canzoni di questo EP la chiave di volta del pezzo. Avevo scritto strofa e ritornello pensando ad un ritmo incalzante e scanzonato, ma arrivati al punto del cambiamento, anche la parte strumentale doveva cambiare. Nella prima versione avevo addirittura pensato ad un ensamble di strumenti classici, ma sarebbe stato troppo assurdo, anche perchè i tempi del “Prog-rock” sono finiti da un pezzo; ne venne fuori questo bridge iper melodico, comunque in chiave classica, che nella propria progressione arriva a trasformarsi nell’inciso. Quando nacque mi ricordo che ne ero davvero entusiasta.
BONUS TRACK – COSA TI LAMENTI?
Eccoci infin giunti all’ultimo brano dell’EP, che è appunto una bonus track, perchè estranea al progetto “Post Atomico”, ma che volemmo inserire perchè in stile “Steve Rogers Band”. Dovevamo inserirla visto che la persona che aveva fatto incontrare me e Nicola Venieri era “Il Gallo”, uno degli elementi portanti di quella favolosa band!
Il brano ricalca lo stile rock anni 80, e anche il testo a primo acchito parla chiaramente di una storia di sesso travagliata, che termina nel peggiore dei modi per il protagonista maschile. Andando però a scavare, il mio messaggio ravvisabile nella frase “ti farò tremare le gambe fino a stringere i denti”, era legato allo sconvolgimento mentale e fisico che ti lascia un rapporto difficile, che può essere sia d’amore, che d’amicizia.
Qui esce la frase “Cosa ti lAmenti?”, ovvero perchè fare storie se alla fine sai benissimo dove e come finiranno le cose se non vai a prendertele da sola/o?